Ci stiamo abituando al fatto che durante l’anno ci siano giornate dedicate alla lotta contro qualcosa che non va bene: dalla festa della donna alla giornata della memoria, alla giornata contro le mutilazioni femminili, alla giornata contro le discriminazioni, alla giornata dell’ambiente, alla giornata contro il fumo, alla giornata contro la violenza della donna ecc…
Credo che in queste giornate cui si ricorda che esiste un problema ed è importante diffondere la consapevolezza dell’esistenza di un problema.
Credo che sarebbe opportuno approfondire le cause del problema e parlare anche delle soluzioni possibili.
Ognuno di noi, a livello personale, può contribuire alla soluzione di tanti problemi, ognuno di noi può imparare e diffondere le soluzioni, ognuno di noi può essere un buon esempio.
Riguardo la violenza contro le donne possiamo dire che ha origine da alcune convinzioni sui rapporti tra uomo e donna, sul senso di proprietà, sull’orgoglio maschile, sui ruoli della donna e dell’uomo.
Queste convinzioni trasmesse dalla società e dalla famiglia vanno a combinarsi con la qualità della comunicazione.
Oggi vige un sistema di comunicazione estremamente violento.
La violenza della comunicazione si può manifestare in tanti modi che apparentemente non sembrano violenti e dannosi.
Che cosa succede quando una persona fa un errore?
In che modo viene fatto notare l’errore?
Spesso andiamo a colpire l’identità della persona e non comunichiamo che il gesto è sbagliato ma che la persona è sbagliata.
Esempio: a un figlio che non capisce una cosa viene detto che è stupido, a una moglie che dimentica di stirare una camicia viene detto che pensa solo a se stessa e non si occupa del marito, a una persona che parcheggia male la macchina, cosa viene detto?
Cosa dicono i tifosi allo stadio riguardo un errore dell’arbitro o un fallo di un avversario?
Cosa dicono i politici riguardo un collega di un altro partito?
Come avviene spesso la discussione all’interno di una coppia?
“Ma tu… perchè tu… e allora tu… quante cosa si rinfacciano?
Questi sono alcuni esempi di comunicazione violenta.
Adottiamo un modo diverso di comunicare, diamo l’esempio, non rinfacciamo, parliamo di noi e non dell’altro e dei suoi presunti errori.
A un figlio che non capisce una cosa possiamo dirgli: “Sei un ragazzo intelligente, sono certo che se ti spiego meglio questa cosa, la capisci”
Alla moglie che non ha stirato la camicia, possiamo dirle: “Forse non te lo avevo detto, ma oggi avrei bisogno di quella camicia stirata, so che ti chiedo un grosso favore, puoi farlo ora? oppure, per favore, puoi prepararmela per domani?’
Durante una discussione all’interno della coppia, possiamo dire: “Sei d’accordo se, per migliorare la qualità della nostra relazione, ci diciamo in modo chiaro alcuni nostri bisogni e le possibilità che abbiamo di soddisfare quelli dell’altro?”
Questo modo di comunicare predispone l’altro all’ascolto delle nostre esigenze e dei nostri bisogni.
La prima persona con cui possiamo attuare questa forma di comunicazione “non violenta” è noi stessi.
Spesso siamo violenti proprio con noi stessi, usiamo un linguaggio offensivo e irrispettoso della nostra persona.
In questo modo abbassiamo il nostro livello di autostima e innsechiamo una spirale di violenza nel linguaggio e nei comportamenti.
Se pensi che questo non abbia niente a che vedere con la violenza fisica alle donne, sarò felice di spiegarti i collegamenti e anche quali convinzioni stanno alla base della violenza.